24 Mag2020
IN RICORDO DI BEKIM SEJRANOVIĆ
è scomparso a soli 48 anni Bekim Sejranović, scrittore e traduttore bosniaco-erzegovese, autore di racconti e romanzi fra cui Nigdje, niotkuda/Da nessuna parte, da nessun dove, Ljepši kraj/Una fine più felice, Tvoj sin Huckleberry Finn/Tuo figlio Huckelberry Finn.
Gli amici e i colleghi dell'ambiente culturale croato lo hanno ricordato come uno scrittore autentico, capace di svelare a fondo e senza pietà le proprie debolezze e paure.
Dispiace moltissimo pensare che mai arriveremo a festeggiare insieme la traduzione in italiano del suo romanzo Nigdje, niotkuda, come Bekim si era augurato in uno scambio di email qualche anno fa.
Nigdje, niotkuda, un romanzo sullo sradicamento e la solitudine, si snoda dalla nativa Bosnia fino alla Norvegia, paese nel quale Sejranović fu costretto a rifugiarsi in seguito allo scoppio della guerra in Jugoslavia. Nel 2009 Nigdje, niotkuda gli valse il premio Meša Selimović, riconoscimento che lo incoraggiò a proseguire nell'attività di scrittura.
Qui di seguito, in ricordo di Bekim Sejranović, riproduciamo un breve brano di Nigdje, niotkuda.
Gli amici e i colleghi dell'ambiente culturale croato lo hanno ricordato come uno scrittore autentico, capace di svelare a fondo e senza pietà le proprie debolezze e paure.
Dispiace moltissimo pensare che mai arriveremo a festeggiare insieme la traduzione in italiano del suo romanzo Nigdje, niotkuda, come Bekim si era augurato in uno scambio di email qualche anno fa.
Nigdje, niotkuda, un romanzo sullo sradicamento e la solitudine, si snoda dalla nativa Bosnia fino alla Norvegia, paese nel quale Sejranović fu costretto a rifugiarsi in seguito allo scoppio della guerra in Jugoslavia. Nel 2009 Nigdje, niotkuda gli valse il premio Meša Selimović, riconoscimento che lo incoraggiò a proseguire nell'attività di scrittura.
Qui di seguito, in ricordo di Bekim Sejranović, riproduciamo un breve brano di Nigdje, niotkuda.
<<Non ricordo quando vidi zio Alija per la prima volta, ma ricordo bene che ogni autunno ci aiutava a trasportare il carbone. Con l’avvicinarsi dell’autunno il nonno ordinava cinque tonnellate di carbone per la stufa Kreka Weso. Il camion entrava a malapena nella nostra strada e si fermava davanti al cancello. A quel punto arrivava zio Alija e si metteva a scaricare il carbone nella cantina.
Non gli piaceva farsi aiutare da me e dopo un po’ pure io mi stufavo. Una volta ebbi l’idea di trasportare il carbone con la mia Mercedes giocattolo.
“Che peccato sporcare quel macchinone” disse Alija quasi dispiaciuto, ma io feci finta di niente visto che in realtà era solo una scusa per togliermi di mezzo. Dopo aver caricato un secchio pieno di carbone sul sedile accanto al pilota, spinsi un po’ la macchina e saltai dentro. La cosa più difficile era voltare a novanta gradi verso la cantina, a metà pendenza. Una volta la Mercedes si capovolse insieme al secchio e io mi ferii alle ginocchia e al gomito. Mia nonna corse fuori di casa e si mise a sgridarmi per tutta quella sporcizia in cortile.
“Non te l’ho sporcato io, ma zio Alija” ribattei. Lei mi guardò adirata e rientrò in casa, senza darmi una sculacciata, né controllarmi le ferite. Alija continuò a portare dentro il carbone facendo finta di non vedermi.
L’altra cosa divertente era cercare fili di ferro. Nel carbone si trovavano sempre tanti fili di ferro colorati con i quali fare le fionde. I fili più grossi venivano usati per l’impugnatura e i due rami alle cui estremità si fissavano degli elastici sottili ricavati dalle mutande femminili. I proiettili a forma di lettera U si ottenevano piegando i fili di ferro più sottili. Le fionde del genere non andavano bene per fracassare una finestra o rompere la testa a qualcuno. Per questo tipo di cose ci volevano delle fionde vere, quelle di legno con in mezzo la gomma di bicicletta. Le fionde fatte con fili di ferro sottili erano ideali per stuzzicare le ragazze in pantaloni attillati. Ci dicevano che con un colpo di fionda potevamo cavare un occhio a qualcuno, ma nessuno si preoccupava se era un piccione a finire secco.
“Ehi bambini, sapete perché il carbone è pieno di fili?“ ci chiese Alija una volta caricando il carbone nel carrello.
Poiché nessuno rispose, Alija fece una pausa, si sfilò i guanti e si arrotolò una sigaretta. Si sedette su una pietra e ci raccontò come nelle miniere si minava con l’aiuto dei fili di ferro.
“Devi solo vedere quando le pietre e la terra saltano in aria e volano tutt’intorno a te” disse alla fine Alija gettando via il mozzicone di sigaretta.
“Come fai a saperlo, l’hai visto?”
Alija non rispose, ma continuò a lavorare caricando della carbonella su una paletta.
“Ti hanno fatto saltare la gamba con una mina, è per questo che zoppichi?”
“Ma tu non te ne stai mai tranquillo?” mi disse.>>
Nigdje, niotkuda, Profil, Zagreb, 2008, pp. 251. Copyright Sandorf www.sandorf.hr